La più bella intervista mai letta. Abel Xavier

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Moderatore: SpiderMax

La più bella intervista mai letta. Abel Xavier

Messaggioda Kombat81 » martedì 12 luglio 2005, 16:21

Abel Xavier
bell'intervista presa da "il Romanista":
TONINO CAGNUCCI

Abel come stai?
«Bene. Sono in vacanza in Portogallo senza contratto. Mi alleno, spero, aspetto qualcosa che credo di meritarmi. Qualcosa che voglio con tutto me stesso».
Cosa?
«La Roma».
La Roma?
«Sono pronto a firmare in bianco, a non prendere una lira (testuale, ndr), d’altronde com’è successo quest’anno».
Perché in 6 mesi non hai preso niente?
«Molto meno di quanto prende un ragazzo della Primavera, ma non me ne frega niente dei soldi.
Voglio la Roma perché penso di poter essere utile alla mia squadra, perché sono il giocatore che stava per diventare campione d’Europa col Portogallo, quello della Champions League col Liverpool, quello che sostituì Aldair al Benfica. Quello che non avete mai visto».
Perché?
«Perché non ho giocato e non ho nemmeno avuto la possibilità di farlo. Eppoi, visto i giocatori che si dicono vicini alla Roma, io non mi sento inferiore a nessuno».
Qualcuno potrebbe darti del presuntuoso...
«Capisco, capisco tutto, ma andate a chiedere a chi lavora a Trigoria chi è Abel Xavier. Chiedetelo ai magazzinieri, agli uscieri, allo staff tecnico,
chiedetelo a Daniele Pradè e soprattutto al mio grande amico Bruno Conti.
E alla fine, chiedetelo ai miei compagni di squadra che sono e restano i miei compagni».
Chi è Abel Xavier?
« Io guardo dritto negli occhi, rispetto chi conosce il rispetto. Io sono un giocatore che non ha detto una parola perché non crede alle chiacchiere,
un giocatore che si sente attaccato alla Roma per tanti motivi e che prima di questa esperienza non aveva mai avuto un atteggiamento simile nella sua carriera: per la Roma ho accettato qualsiasi cosa».
Cosa?
«All’inizio non mi hanno nemmeno presentato. Non è stato piacevole per uno appena arrivato. Ma questo è il minimo. La cosa peggiore è stata non giocare, passare per bidone o come qualcosa di pittoresco per i capelli che porto. Questo non va bene e non è presunzione: solo dopo 10 partite di fila qualcuno potrebbe giudicarmi».
Perché non hai giocato?
«Perché avevo un contratto a gettone e alla fine una cosa del genere pesa, soprattutto in un’annata come quella appena passata»
Hai pagato l’allontanamento di Franco Baldini che ti aveva portato qui?
«Questo non lo voglio pensare, ma... A Franco ho detto una cosa quando si è dimesso: "Hai sistemato tutti i contratti
tranne il mio", lui mi ha risposto: "Abel quando t’ho portato non pensavo di andarmene così presto". Io lo ringrazio per avermi fatto un giocatore della Roma, anche se per sei mesi e in un’annata così difficile...».
Che è successo quest’anno alla Roma?
«Non voglio mancare di rispetto a nessuno, anche perché non è piacevole parlare dall’esterno, ma voglio farvi un discorso»
Prego.
«La Roma all’estero è la Roma quasi come lo è per un romano.
La Roma è una squadra “mitica”, una di quelle con la maglia che ti diventa pelle, che t’entra dentro per i colori, per i tifosi. La Roma è una grande squadra e ha tanti campioni e proprio per questo deve avere un’altra mentalità, un’altra disciplina,un’altra cultura del lavoro».
Allora, che è successo quest’anno?
«Che nessuno ha potuto fare il suo perché molto è diventato ingestibile. Non si vince perché uno è campione, ma si vince perché si lavora e si guarda all’interesse del gruppo, non al proprio».
Non c’è stato modo di farlo?
«Ci sono stati problemi, vizi interni. Prendete l’allenatore: Del Neri è una brava persona ma non ha mai potuto essere se stesso, perché non ha potuto mettere fuori chi voleva. Un allenatore da solo non può fare niente. Un allenatore in una squadra deve decidere tutto e nessuno si deve permettere di mettere in discussione quello che dice. Questo non è successo».
Contano i giocatori...
«Conta il lavoro che fanno, non le giocate alla domenica ma le corse a Trigoria. Conta la fatica, non il conto in banca. Uno non è forte perché guadagna tanto».
Tu guadagnavi sicuramente poco,ma lavoravi?
«Se parlo è perché posso farlo. Chiedetelo al capitano»
A Francesco Totti?
«Sì, lui, per esempio, è un campione in tutto. Ha sempre lavorato tanto e
mi rispettava per lo stesso motivo; una volta mi ha detto: "Abel tu sei un grande, qui nessuno può dire neanche una parola contro di te". Ricordo
con piacere le conversazioni con lui».
Con Antonio Cassano che rapporto c’era?
«Cassano è un ragazzo particolare».
Com’è?
«Coi piedi è un mostro, non ho mai ho conosciuto uno così forte, ma deve trovare un equilibrio. Io questa cosa gliel’ho detta in faccia, due-tre volte».
Che cosa gli hai detto di preciso?
«Che se sta più tranquillo, se migliora certi comportamenti diventa ancora
più forte. Guardate che Cassano è anche un ragazzo divertente, è speciale e quando sta bene dà qualcosa di più al gruppo, un’aria quasi magica. Eppoi lo sa quando sbaglia».
Quindi sa chiedere scusa?
«No, ma lo si vede nell’allenamento: comincia a lavorare duramente. Si dispiace. Non è difficile secondo me gestire uno come Antonio a patto che a parlargli sia qualcuno che lui reputi all’altezza».
All’altezza di cosa?
«Del suo talento, che è enorme. Totti è la chiave per gestire Cassano. Totti è l’unico che può parlare a Cassano».
Perché?
«Tra loro c’è un grande rapporto, ma il potere che ha Francesco a Roma Cassano non ce l’ha e lo sa. Cassano rispetta Francesco perché sa di trovarsi di fronte un campione ed è per questo che Francesco diventa fondamentale per sistemare le cose dentro lo spogliatoio».
Che dovrebbe fare?
«Alzare la voce, urlare, farlo in faccia ai compagni. Deve capire che può e deve farlo perché è rispettabile da tutti i punti di vista, perché è la Roma. Totti dev’essere l’allenatore della Roma dopo Spalletti, deve avere in mano le chiavi dello spogliatoio, prendere Cassano e parlargli a muso duro, guardarlo negli occhi anche perché Antonio è uno che accetta certe critiche solo se lo guardi negli occhi. Se sei alla sua altezza, appunto».
Insomma, urgono chiarimenti veri, di una certa natura...
«Nel calcio succede di sfogarsi, di alzare la voce e quando succede è spesso una cosa positiva. A volte bisogna menare (testuale, ndr)».
Si dice che a Milano l’abbia fatto Cristian Chivu proprio nei confronti di Cassano.
«Ti dico solo questo: Cristian Chivu è esattamente il giocatore che uno
spogliatoio deve avere. Lui sa parlare e urlare, lui è uno dei tre riferimenti
imprescindibili che ha e deve avere una squadra "mitica" come la Roma».
L’altro chi è?
«Tommasi. Damiano è il capitano dello spogliatoio. Uno come lui è il leader, perché è una guida, perché porta regole e le fa rispettare. Per me, o per tutti gli stranieri, era ed è il nostro primo referente. Avete visto come ha recuperato da quell’infortunio tremendo? Sapete quanto ha
sofferto? Damiano è un esempio di lavoro e comportamento. Damiano è l’esempio per i giovani».
Quest’anno con la Roma hanno fatto l’esordio in tanti...
«E io gli dico grazie, perché sono tutti bravi ragazzi e perché hanno cercato di fare il massimo, ma una squadra come la Roma non può iocare
solo coi giovani. A volte sono stati mandati allo sbaraglio, come Marsili a Udine. Ora è importante che restino tutti».
Perché?
«Per imparare dai campioni. Se li dai in prestito li perdi. Bisogna farli crescere parlandogli quotidianamente. Anche qui è un problema di gestione. Certo, poi ci sono i fenomeni come Gianluca Curci».
Lui è già pronto?
«Lui è il portiere della Roma perché lui è uno di quelli che ha lavorato e lavora di più. Serio, preparato, umile, forte, determinato... Forse solo
un altro giocatore è ancora più irreprensibile, ma solo perché da questo punto di vista è il migliore».
Chi?
«Matteo Ferrari. Una volta Bruno Conti venne da me per spiegarmi perché lo faceva giocare continuamente e mi disse indicandolo: "Hai visto come lavora?". Esemplare. Quest’anno ha avuto solo sfortuna».
E tu?
«Io ho fatto il tappabuchi, quelle poche volte che ho giocato non l’ho fatto nemmeno nel mio ruolo. Ma per la Roma va bene tutto».
Rimpianti?
«Non aver nemmeno mai visto una volta Franco Sensi, nemmeno gli ho dato la mano. Peccato perché tutti i miei compagni me ne hanno parlato bene e anche all’estero era famoso per la sua presenza nella squadra».
E con Rosella?
«Ci avrò parlato un paio di volte».
E la Roma?
«La Roma è mitica. La Roma la volevo da quando ho preso il posto di Aldair al Benfica. Ho pregato e ho aspettato. Aspetto. E’ un sogno e si è avverato perché ci credevo. Non ho mai avuto un procuratore perché io sono il miglior procuratore di me stesso, perché non ci sono tanti valori nel calcio. Ho qualche offerta ma sto dicendo di no perché voglio la Roma, perché Bruno Conti mi ha detto cose bellissime che mi tengo nel cuore».
Firmi in bianco?
«L’ho già fatto».

complimenti ad Abel Xavier
La chiave della felicità è la disobbedienza in sè
A quello che non c'è
Perciò io maledico il modo
in cui sono fatto
Il mio modo di morire sano e salvo
dove m'attacco
Il mio modo vigliacco di restare sperando che ci sia
Quello che non c'è
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Messaggioda stargazer » mercoledì 13 luglio 2005, 10:08

Grazie Kombat :wink:
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Messaggioda Kombat81 » mercoledì 13 luglio 2005, 13:33

de nada :)
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