É morto Bowie

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Re: É morto Bowie

Messaggioda carlomatt » giovedì 14 gennaio 2016, 12:04

ygghur ha scritto:Ho la vaga impressione che da lassú se la stia ridacchiando nel vedere questo esagerato consenso convergere sulla sua persona, spero per chi ha esternato certi pensieri che siano sinceri, onestamente mi ha fatto piú di un certo effetto, pensando che pure dai rocchettari "puri" é sempre stato guardato con un certo distacco. Devo ammettere che se avesse goduto di questo largo consenso in vita, snob come sono probabilmente sarei stato un fan piú tiepido...ai tempi del progressive era troppo leggero, in epoca era rispettato ma considerato troppo complicato, poi troppo pop, poi qualsiasi cosa pur di non ammetterne la grandezza assoluta e la superioritá schiacciante sui pigmei che lo circondavano. Una volta un critico illuminato disse che in una sola canzone di Bowie mediamente ci sono piú idee che nelle intere discografie di certi personaggetti (per dirla alla De Luca) e al di lá dell'iperbole, c'é molto molto di vero. La cosa piú sincera mi é sembrata vederla nelle immagini da Londra, ragazzi che cantavano stonatamente le sue canzoni e facevano festa come fosse vivo. Canzone piú gettonata come preferita Space Oddity e devo dire che se rimaniamo alla canzone-canzone sono totalmente d'accordo. Personalmente invece come singolo pezzo piú indicativo, quello che farei sentire ad un suo amico alieno per fargli capire chi era, cito Station to station, lí c'é veramente Bowie distillato come in nessun altro brano.


Ieri sera ho ri-visto su Sky Arte (di gran lunga il miglior canale di Sky perchè trasmettono monografie e grandi concerti di musica) un docu-film su Bowie, chiamato "Five Years". Ma ha poco a che vedere con l'omonima canzone: racconta di cinque anni, cinque fasi importanti della vista artistica di Bowie, 1971 - Ziggy Stardust e la fase glam, 1975 - Young Americans ed il soul americano, 1977 - il trasferimento a Berlino ed il periodo di Heroes, 1980 - la svolta dance ed infine 1983 - il periodo dei grandi concerti Live e degli stadi riempiti per i suoi concerti.
Parlando di Station to Station Bowie raccontava che era influenzato dal rock tedesco dell'epoca, soprattutto l'elettronica dei Kratfwerk.
In ogni caso è sempre stato un curioso, curioso di ogni genere musicale sul quale arrivava sempre prima e meglio degli altri. Anche l'ultimo disco "Blackstar", che appare a ragione un pò cupo e crepuscolare, sta un pò avanti rispetto alla musica attuale.
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Re: É morto Bowie

Messaggioda ygghur » giovedì 14 gennaio 2016, 13:25

Strano ascoltare Blackstar prima e dopo. Lo avevo giá ascoltato due volte prima della brutta notizia, mi era piaciuto ma ancora lo dovevo decifrare, cosa che di solito per me é il preludio sia ad un giudizio molto positive che a uno cosí e cosí. Lunedí, al primo ascolto del "dopo", ho sinceramente avuto I brividi, perché, pur non volendo esagerare, tutto nel disco parla in qualche maniera della sua morte e della sua ereditá, al punto che l'ultimo brano ha un titolo che in altri tempi sarebbe sembrato uno dei suoi soliti modi di essere elusive, ma che invece adesso acquista una pregnanza notevole: I can't give everything away canta un Bowie nel mandarci l'ultimo messaggio terreno, Seeing more but feeling less, saying no but meaning yes, come epitaffio decisamente niente male. Sul contenuto musicale, come al solito riesce a distinguersi da tutti, magari stavolta non provocherá orde di imitatori, ma prendere di peso un quartetto jazz di New York molto trendy (in senso buono) e fare con loro (e qualche aggiuntina tipo il chitarrista) un disco che odora di jazz ma non é assolutamente jazz, beh, é proprio da lui in tutti I sensi. Gli amanti del Bowie piú rock sono avvertiti, c'é un solo assolo di chitarra nell'ultimo brano e lo strumento guida é il sax di questo interessantissimo personaggio (Donny McCoslin, per chi volesse approfondire, cosa che personalmente faró senza dubbio), un sax denso, notturno, che crea un atmosfera cupa ma non disperata, quello che presume volesse fare Bowie con questo progetto. Pare che stesse cercando anche di fare altre cose prima di tornare su Marte, tra cui un progettto con Eno 20 anni dopo Outside, personalmente avrei amato particolarmente se avesse fatto una nuova collaborazione con il grande Mike Garson, pianista eccezionale e fidato collaboratore di alcune delle migliori pagine, al punto che ha intitolato la sua biografia "Bowie's Piano Man" (notevole il suo album per solo piano di brani bowiani, si scoprono sfaccettature inedite). A proposito di collaborazioni, a chi puó interessare consiglio spassionatamente I due album di Philip Glass basati sui brani elettonici di Low e Heroes, arrangiati per orchestra nel tipico stile minimalista dell'artista Americano, chiaramente anche con ampie variazioni sui temi, brani come Some Are o Neukoln diventano classici tout-court di musica classica contemporanea, collaborazione fra l'altro scritta nelle stele, visto che un giovane e come sempre curiosissimo Bowie andava a sentire il primissimo e ancora sconosciutissimo Glass in concerti per pochi intimi ad inizio anni '70.
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Re: É morto Bowie

Messaggioda ygghur » giovedì 14 gennaio 2016, 13:25

Strano ascoltare Blackstar prima e dopo. Lo avevo giá ascoltato due volte prima della brutta notizia, mi era piaciuto ma ancora lo dovevo decifrare, cosa che di solito per me é il preludio sia ad un giudizio molto positive che a uno cosí e cosí. Lunedí, al primo ascolto del "dopo", ho sinceramente avuto I brividi, perché, pur non volendo esagerare, tutto nel disco parla in qualche maniera della sua morte e della sua ereditá, al punto che l'ultimo brano ha un titolo che in altri tempi sarebbe sembrato uno dei suoi soliti modi di essere elusive, ma che invece adesso acquista una pregnanza notevole: I can't give everything away canta un Bowie nel mandarci l'ultimo messaggio terreno, Seeing more but feeling less, saying no but meaning yes, come epitaffio decisamente niente male. Sul contenuto musicale, come al solito riesce a distinguersi da tutti, magari stavolta non provocherá orde di imitatori, ma prendere di peso un quartetto jazz di New York molto trendy (in senso buono) e fare con loro (e qualche aggiuntina tipo il chitarrista) un disco che odora di jazz ma non é assolutamente jazz, beh, é proprio da lui in tutti I sensi. Gli amanti del Bowie piú rock sono avvertiti, c'é un solo assolo di chitarra nell'ultimo brano e lo strumento guida é il sax di questo interessantissimo personaggio (Donny McCoslin, per chi volesse approfondire, cosa che personalmente faró senza dubbio), un sax denso, notturno, che crea un atmosfera cupa ma non disperata, quello che presume volesse fare Bowie con questo progetto. Pare che stesse cercando anche di fare altre cose prima di tornare su Marte, tra cui un progettto con Eno 20 anni dopo Outside, personalmente avrei amato particolarmente se avesse fatto una nuova collaborazione con il grande Mike Garson, pianista eccezionale e fidato collaboratore di alcune delle migliori pagine, al punto che ha intitolato la sua biografia "Bowie's Piano Man" (notevole il suo album per solo piano di brani bowiani, si scoprono sfaccettature inedite). A proposito di collaborazioni, a chi puó interessare consiglio spassionatamente I due album di Philip Glass basati sui brani elettonici di Low e Heroes, arrangiati per orchestra nel tipico stile minimalista dell'artista Americano, chiaramente anche con ampie variazioni sui temi, brani come Some Are o Neukoln diventano classici tout-court di musica classica contemporanea, collaborazione fra l'altro scritta nelle stele, visto che un giovane e come sempre curiosissimo Bowie andava a sentire il primissimo e ancora sconosciutissimo Glass in concerti per pochi intimi ad inizio anni '70.
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