Da Repubblica.it
La Suprema Corte riforma la sentenza di assoluzione del giudice di pace di Teramo
"Si ravvisa nel termine una palese volontà di scherno"
Cassazione: "Dare del frocio è reato: chiaro l'intento di deridere"
Il Palazzo di Giustizia a Roma sede della Corte di Cassazione
ROMA - Dare del "frocio" a qualcuno è un reato. Lo sostiene la Cassazione in una sentenza appena pubblicata: "Si ravvisa nel termine frocio un chiaro intento di derisione e di scherno espresso in forma graffiante". La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul parere di un giudice di pace di Teramo che riteneva invece la parola non offensiva.
Un quarantenne abruzzese era stato denunciato nel maggio 2005 per aver rivolto a un suo conoscente l'epiteto incriminato. Il giudice lo aveva assolto ma la parte civile, insieme al pubblico ministero, erano ricorsi alla Cassazione. Oggi il pronunciamento della Suprema Corte: "La sentenza del giudice di pace è contraria alla logica ed alla sensibilità".
Accogliendo le richieste dei ricorrenti, la quinta sezione penale della Suprema Corte presieduta da Bruno Foscarini, ha annullato la decisione rilevando che il giudice di pace "ha svalutato la portata lesiva della frase pronunciata dall'imputato". Quella del collega abruzzese, spiegano i supremi giudici nella sentenza 24.513, è una decisione contraria "alla logica ed alla sensibilità sociale che ravvisa nel termine 'frocio' un chiaro intento di derisione e di scherno, espresso in forma graffiante".
I giudici di Piazza Cavour hanno rinviato gli atti al giudice di pace di Teramo che dovrà riesaminare la vicenda tenendo conto del loro pronunciamento.