"Scudetto? Lo sogno, ci credo"
di Gaetano De Stefano
Francesco Totti ammette che l'impresa è quasi impossibile, ma ha fiducia. "La Roma vuole essere fra le prime quattro, poi nel calcio non si sa mai"
CASTELROTTO (Bolzano), 22 luglio 2005 - Anno quattordici. Dalla stagione 1992/1993 Francesco Totti è la quintessenza della Roma. Il capitano. Il totem. Vive la sua dimensione giallorossa con intensità. Totti che dà l'addio, Totti corteggiato; milioni a palate. Invece Totti resta. Perché lui è la Roma. Probabilmente, con Paolo Maldini, l'ultima vera bandiera del calcio italiano. Ha sofferto molto nell'ultima stagione. Il matrimonio, l'attesa di un figlio lo hanno rigenerato e ora è pronto a ripartire.
Francesco conosce bene la realtà e i problemi della società. Poi quella decisione del Tas di Losanna. Ma lui non molla e a un anno dal Mondiale tedesco afferma: "Sogno lo scudetto, ci credo, anche se so che davanti a noi ci sono tre squadre molto competitive". Dice: "Noi siamo una grande squadra anche se Inter, Milan e Juve sono due-tre gradini sopra tutte le altre. Vogliamo essere nelle prime quattro, perché ci permetterebbe di partecipare alla Champions League, che è la competizione più importante".
Ma riconoscendo che la palla è rotonda apre uno scenario possibile: "Poi nel calcio non si sa mai, c'è voglia di riscatto, dobbiamo fare grande questa città". Insomma, Totti è ottimista. Parte da un presupposto: "Ripetere un'altra stagione come quella appena trascorsa non sarebbe bello", sostenendo però che "ci sono annate che bisogna accettare come vengono".
"Io - ammette con sincerità - ho commesso errori che non dovevo commettere". Anzi, diventa il portavoce di un nuovo corso, benedicendo, come farebbe un autentico re, l'arrivo di Luciano Spalletti: "È una scelta importantissima per il gruppo. La disciplina è fondamentale e quando c'è quella le cose vengono piano piano".
Totti ricomincia e con lui ci sarà ancora Antonio Cassano. "È un giocatore che fa la differenza - afferma il capitano -. Sappiamo quale sia il progetto della società e lo aspettiamo con ansia". L'ultima pagina la dedica al suo ex procuratore Zavaglia; un divorzio che gli costerà 3 milioni di euro. Rivela Francesco: "Se non avessi fatto questa scelta, non avrei firmato il contratto con la Roma. Sensi mi aveva detto che finché ci sarebbe stato Zavaglia che faceva il doppio gioco non avremmo fatto nulla". Una separazione dolorosa. In tutti i sensi. Che dimostra l'amore per una maglia.
Dimentica le brutte pagine, Francesco. I segni di stizza, gli sputi agli avversari. Regalaci invece altre magie. Disegna altri "cucchiai". Irridi i portieri, fai quattro con le dita e manda tutti a casa. Di gente come te il calcio ha bisogno.